Sarà capitato a molti (forse a tutti) di provare un brivido sulla pelle mentre si ascolta della musica, ma forse non tanti sanno che gli effetti del suono sul corpo possono andare oltre la sfera emotiva. Potremmo addirittura dire che esistono delle frequenze sonore benefiche che possono avere degli effetti positivi sul benessere del corpo, esercitando benefici variabili dal controllo del dolore e dell’ansia a quello di diversi altri sintomi associati a patologie serie come Alzheimer e Parkinson.
A dimostrarlo sono le ricerche condotte nell’ambito della musicoterapia, cioè dell’uso clinico, basato su prove scientifiche, della musica a scopo terapeutico. In questo contesto la musica può offrire più di uno strumento di comunicazione utile per chi ha difficoltà a esprimersi con le parole: attraverso alcune frequenze benefiche è possibile influenzare il funzionamento dei neuroni e di altre cellule del corpo.
Gli effetti delle frequenze sonore benefiche
Se infatti, da un lato la musica esercita degli effetti associati al suo significato prettamente culturale, dall’altro rimane pur sempre fatta di suoni, entità fisiche associate a vibrazioni – cioè alla compressione e alla decompressione di molecole all’interno dell’aria o di altri materiali.
Tali onde di compressione e decompressione sono presenti anche nel cervello, dove vengono comunemente identificate con il nome di onde cerebrali. Ormai da molto tempo le frequenze di queste onde sono associate a particolari stati cerebrali; onde tra gli 0 e i 4 Hz, per esempio, sono associate al sonno. Tali frequenze non dipendono solo da stimoli interni, ma anche da stimoli esterni attraverso cui è possibile sincronizzare l’attività di un gran numero di neuroni. Grazie alle frequenze sonore benefiche è possibile sfruttare questo fenomeno nella cosiddetta stimolazione sensoriale ritmica, utile ad esempio in caso di Alzheimer e di Parkinson.
Le frequenze benefiche sembrano quelle delle onde sonore a 30-40 Hz. Nelle persone con Alzheimer migliorano le capacità cognitive, la lucidità e l’attenzione; gli effetti delle frequenze benefiche a 40 Hz sembrerebbero dipendere dal fatto che la patologie le alteri e che la stimolazione sensoriale ritmica le ripristini. Nelle persone con Parkinson, invece, queste frequenze benefiche aiuterebbero a contrastare l’attività dei neuroni che interferiscono con le normali funzioni cerebrali, migliorando il funzionamento dei circuiti nervosi che controllano i movimenti. L’uso delle frequenze benefiche è stato associato a miglioramenti sia nei tremori sia nella rigidità e nella capacità di camminare.
Gli effetti a livello cellulare e genetico delle frequenze sonore benefiche sono stati meno studiati, ma i dati raccolti fino ad oggi suggeriscono di approfondire le ricerche nel settore. Infatti, le frequenze benefiche sembrano essere efficaci a diversi livelli: sulla produzione di nuovi neuroni; sul flusso sanguigno; sulla densità delle ossa; e a livello epigenetico – ossia inducendo cambiamenti ereditabili a livello genetico senza però alterare la sequenza dei geni.
L’effetto delle frequenze sonore benefiche su cellule e geni
È stato, per esempio, dimostrato in laboratorio che le frequenze benefiche comprese tra i 10 e i 100 Hz stimolano la crescita dei prolungamenti delle cellule nervose. La frequenza più efficace è 40 Hz e il meccanismo coinvolto è l’attivazione di specifiche proteine in grado di influenzare significativamente la crescita di questi prolungamenti.
Inoltre la vibrazione associata alle frequenze benefiche attiva il tessuto che riveste internamente i vasi sanguigni (l’endotelio) causando il rilascio di ossido nitrico, una molecola che inducendo vasodilatazione migliora il flusso sanguigno. In questo caso sembrano particolarmente benefiche le frequenze pari a 50 Hz, che a livello delle cellule vengono convertite in energia meccanica, rilassano il tessuto muscolare cardiaco, migliorano l’attività del ventricolo sinistro e aumentano il flusso di sangue nelle coronarie. Le frequenze a 35 Hz sembrano invece benefiche perché possono aiutare a migliorare il flusso di sangue al muscolo cardiaco inducendo la produzione di nuovi vasi sanguigni.
A 60 Hz si collocano invece le frequenze benefiche per le ossa: ne stimolano crescita e densità, apparentemente attraverso un meccanismo di risposta delle cellule alle sollecitazioni meccaniche. Studi compiuti sugli effetti delle frequenze comprese tra 27 e 113 Hz sul flusso sanguigno e il metabolismo dell’osso nella terza età hanno dimostrato che le frequenze benefiche riducono la quantità di molecole associate alla perdita di massa ossea.
Infine, sembra che la musica possa influenzare anche l’espressione dei geni. Fra quelli attivati sono inclusi i geni coinvolti nella secrezione della dopamina, neurotrasmettitore coinvolto nella sensazione di piacere e nei fenomeni di ricompensa.
Fonti:
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